martedì 3 gennaio 2012

LA GEOGRAFIA DEI RICORDI


Sono molte le persone che non hanno mai abbandonato il luogo natio, sia esso una borgata, un piccolo paese, una cittadina o una metropoli. Anch'io rientro in tale categoria di persone, vivendo praticamente da sempre, cioè più di mezzo secolo, in un quartiere periferico di una grande città.
Inevitabilmente, tale condizione presenta vantaggi e, al tempo stesso, svantaggi. Ad esempio, essendo vissuto da sempre nello stesso luogo, ho una fitta rete di amicizie e conoscenti, sui quali posso anche contare. Al contrario, il fatto di essere conosciuto da tutti - e, soprattutto, il fatto di vivere in un quartiere che assomiglia più ad un paesotto piuttosto che al sobborgo periferico di una metropoli - fanno sì che tutti (o quasi) sappiano tutto (nella maggior parte dei casi) di tutti (sicuramente).

Non è di questa intimità 'geografica' che intendo parlare oggi, bensì di quella che definisco la 'geografia dei ricordi'. In poche parole, quello che era il paesaggio urbano ai tempi della mia infanzia e quello che è diventato ora.
Come tutte le grandi città, anche quella in cui sono nato e vivo ha subito profondi cambiamenti con il passare dei decenni. Ed è del tutto normale che sia così. Soprattutto nel caso della mia città, dove i mutamenti urbanistici sono stati radicali e di vasta portata, anche per via di alcuni importanti eventi di rilevanza nazionale e internazionale che sono stati organizzati durante gli ultimi anni. Ad esempio, i vecchi stabilimenti industriali di un tempo sono stati smantellati, lasciando il posto, ad esempio, a palazzi e centri commerciali. Chiunque sia partito dalla mia città più di vent'anni fa e vi abbia fatto ritorno di recente rimarrebbe esterrefatto di tutti i cambiamenti del paesaggio urbano.
Il mio quartiere, nonostante tutto, ha conservato un qual suo certo fascino 'del passato'. Non solo: alcuni edifici d'epoca, in certi casi anche di rilevanza storica, sono stati sapientemente ristrutturati. Ma quelle che sono mutate radicalmente sono le tipologie delle attività produttive, in poche parole i negozi. Mutamenti radicali che testimoniano l'avvenuto passaggio dalla civiltà dei 'piccoli' consumi, del rivenditore sotto casa, dei prodotti davvero 'utili' per vivere, alla civiltà post-industriale, quella del cosiddetto 'terziario'.

Anche solo uscendo di casa, a distanza di pochi isolati da dove abito adesso mi trovo dinanzi ai luoghi della mia infanzia e adolescenza. Ad esempio, ricordo un isolato ricco di negozi, dove, quando ero ragazzino, c'erano, nell'ordine, una cartoleria, un calzolaio, un barbiere, una lavanderia a secco, un negozio di elettricità, un negozio di abbigliamento, un negozio ferramenta, una drogheria ed un bar. Ebbene, percorrendo lo stesso marciapiede di quello stesso isolato, oggi come oggi ci sono, nello stesso ordine di prima, un centro riparazioni PC, un ufficio contabile, una parrucchiera (che ha preso il posto del barbiere di un tempo), un'edicola, un punto vendita di antifurti, un'immobiliare, un negozio di telefonia, un piccolo salone di estetica e, al posto di quello che un tempo era un bar, un negozio di frutta e verdura.
I tempi sono cambiati, le esigenze ed i consumi sono cambiati anch'essi, così come il commercio e la distribuzione e vendita dei prodotti. Ma quei negozi di quando ero ragazzo erano qualcosa di più che semplici punti vendita. Ricordo perfettamente tutti i gestori, con i quali si poteva chiacchierare tranquillamente. Persone delle quali ti potevi fidare, e che si fidavano di chi andava a fare compere da loro: ad esempio, era normale saldare il conto della spesa ogni fine settimana.
Adesso, quei negozi non mi dicono più nulla. Chi li gestisce non ha più niente a che fare con la gente che vive attorno, con il quartiere. Un'altra differenza sta nel fatto che i gestori di un tempo abitavano quasi tutti nelle immediate vicinanze dei loro negozi, se non addirittura ai piani di sopra. Gli attuali gestori sono perfetti sconosciuti per chi, come me, vive da sempre nello stesso quartiere. Arrivano da altre zone della città, talvolta anche da centri extraurbani e, salvo rare eccezioni, non stabiliscono legami 'solidi' (e 'solidali') con i consumatori locali.

Un tempo, andare a fare gli acquisti o la spesa in uno di quei piccoli negozi era un piacere, quasi un 'rito sociale'. Oggi, non è altro che una fastidiosa incombenza, da portare a termine prima possibile, con la massima fretta.